Gramsci

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domenica 23 febbraio 2014

Gli ideali della nostra vita. Perché iscriversi al PdCI?


Per l'anno 2014 il Partito dei Comunisti Italiani vuole nuovamente investire la totalità delle sue energie per dare forza ad un partito che ha l'ambizione di portare avanti la tradizione del comunismo italiano. 
Non a caso la tessera del PdCI di quest'anno è dedicata allo storico segretario comunista Enrico Berlingnuer nel trentennale della scomparsa. 
L'immagine di Berlinguer non vuole essere una strumentale mossa propagandistica per attirare compagni e compagni delusi o arrabbiati.
Per noi Enrico Berlinger rappresenta il momento più alto di maturità e potenza dei comunisti italiani. Fedeltà negli ideali e realismo nella prassi politica. 
Questo è il PdCI. Coerentemente con il proprio simbolo vuole far vivere in una Italia sempre più malata un idea che non può morire. Pensare un mondo diverso, più giusto. 
Pensare che la corsa alla restaurazione capitalistica è colpa di una classe politica rappresentata anche dalla sinistra moderata che ha voluto liquidare una grande storia e un grande pensiero politico. 
La politica odierna è veloce. Non viene richiesto di discutere. Viene chiesta una semplice delega. Le primarie delegano il leader carismatico a far ciò che vuole. Il Governo Renzi ne è la prova suprema.
Ai comunisti italiani oggi aspetta un compito difficile, ma non impossibile da compiere. Resistere al pensiero unico. Resistere all'idea che ormai la sinistra italiana è rappresentata da Matteo Renzi e da un padronato illuminato.
Siamo comunisti nel 2014. La nostra tessera e la nostra militanza lo dimostrano. Non riuscì il fascismo e la guerra civile a fermare i comunisti. Non ci riusciranno neanche lorsignori.
Iscriversi al Partito dei Comunisti Italiani oggi significa questo e molto altro.
Costruiamo insieme la casa dei comunisti uniti, diamo forza al PdCI!


venerdì 21 febbraio 2014

Chi appoggia Matteo Renzi?










Dal sito Marx XXI

Una magistrale inchiesta di Franco Fracassi svela l’intreccio dei nomi che svernano all’ombra di Renzi. E c’è poco da stare allegri perchè, tra questi, ve ne sono di terribilmente inquietanti.
Quando negli anni Ottanta Michael Ledeen varcava l’ingresso del dipartimento di Stato, al numero 2401 di E Street, chiunque avesse dimestichezza con il potere di Washington sapeva che si trattava di una finta. Quello, per lo storico di Los Angeles, rappresentava solo un impiego di facciata, per nascondere il suo reale lavoro: consulente strategico per la Cia e per la Casa Bianca. Ledeen è stato la mente della strategia aggressiva nella Guerra Fredda di Ronald Reagan, è stato la mente degli squadroni della morte in Nicaragua, è stato consulente del Sismi negli anni della Strategia della tensione, è stato una delle menti della guerra al terrore promossa dall’Amministrazione Bush, oltre che teorico della guerra all’Iraq e della potenziale guerra all’Iran, è stato uno dei consulenti del ministero degli Esteri israeliano.
Oggi Michael Ledeen è una delle menti della politica estera del segretario del Partito democratico Matteo Renzi. Forse è stato anche per garantirsi la futura collaborazione di Ledeen che l’allora presidente della Provincia di Firenze si è recato nel 2007 al dipartimento di Stato Usa per un inspiegabile tour. Non è un caso che il segretario di Stato Usa John Kerry abbia più volte espresso giudizi favorevoli nei confronti di Renzi. Ma sono principalmente i neocon ad appoggiare Renzi dagli Stati Uniti. Secondo il “New York Post”, ammiratori del sindaco di Firenze sarebbero gli ambienti della destra repubblicana, legati alle lobby pro Israele e pro Arabia Saudita. In questa direzione vanno anche il guru economico di Renzi, Yoram Gutgeld, e il suo principale consulente politico, Marco Carrai, entrambi molti vicini a Israele. Carrai ha addirittura propri interessi in Israele, dove si occupa di venture capital e nuove tecnologie. Infine, anche il suppoter renziano Marco Bernabè ha forti legami con Tel Aviv, attraverso il fondo speculativo Wadi Ventures e, il cui padre, Franco, fino a pochi anni fa è stato arcigno custode delle dorsali telefoniche mediterranee che collegano l’Italia a Israele.
Forse aveva ragione l’ultimo cassiere dei Ds, Ugo Sposetti, quando disse: «Dietro i finanziamenti milionari a Renzi c’è Israele e la destra americana». O perfino Massimo D’Alema, che definì Renzi il terminale di «quei poteri forti che vogliono liquidare la sinistra». Dietro Renzi ci sono anche i poteri forti economici, a partire dalla Morgan Stanley, una delle banche d’affari responsabile della crisi mondiale. Davide Serra entrò in Morgan Stanley nel 2001, e fece subito carriera, scalando posizioni su posizioni, in un quinquennio che lo condusse a diventare direttore generale e capo degli analisti bancari.
La carriera del giovane broker italiano venne punteggiata di premi e riconoscimenti per le sue abilità di valutazione dei mercati. In quegli anni trascorsi dentro il gruppo statunitense, Serra iniziò a frequentare anche i grandi nomi del mondo bancario italiano, da Matteo Arpe (che ancora era in Capitalia) ad Alessandro Profumo (Unicredit), passando per l’allora gran capo di Intesa-San Paolo Corrado Passera. Nel 2006 Serra decise tuttavia che era il momento di spiccare il volo. E con il francese Eric Halet lanciò Algebris Investments.
Già nel primo anno Algebris passò da circa settecento milioni a quasi due miliardi di dollari gestiti.
L’anno successivo Serra, con il suo hedge fund, lanciò l’attacco al colosso bancario olandese Abn Amro, compiendo la più importante scalata bancaria d’ogni tempo. Poi fu il turno del banchiere francese Antoine Bernheim a essere fatto fuori da Serra dalla presidenza di Generali, permettendo al rampante finanziere di mettere un piede in Mediobanca.
Definito dall’ex segretario Pd Pier Luigi Bersani «il bandito delle Cayman», Serra oggi ha quarantatré anni, vive nel più lussuoso quartiere di Londra (Mayfair), fa miliardi a palate scommettendo sui ribassi in Borsa (ovvero sulla crisi) ed è il principale consulente finanziario di Renzi, nonché suo grande raccoglietore di denaro, attraverso cene organizzate da Algebris e dalla sua fondazione Metropolis. E così, nell’ultimo anno il gotha dell’industria e della finanza italiane si sono schierati uno a uno dalla parte di Renzi. A cominciare da Fedele Confalonieri che, riferendosi al sindaco di Firenze, disse: «Non saranno i Fini, i Casini e gli altri leader già presenti sulla scena politica a succedere a Berlusconi, sarà un giovane». Poi venne Carlo De Benedetti, con il suo potentissimo gruppo editoriale Espresso-Repubblica («I partiti hanno perduto il contatto con la gente, lui invece quel contatto ce l’ha»). E ancora, Diego Della Valle, il numero uno di Vodafone Vittorio Colao, il fondatore di Luxottica Leonardo Del Vecchio e l’amministratore delegato Andrea Guerra, il presidente di Pirelli Marco Tronchetti Provera con la moglie Afef, l’ex direttore di Canale 5 Giorgio Gori, il patron di Eataly Oscar Farinetti, Francesco Gaetano Caltagirone, Cesare Romiti, Martina Mondadori, Barbara Berlusconi, i banchieri Fabrizio Palenzona e Claudio Costamagna, il numero uno di Assolombarda Gianfelice Rocca, il patron di Lega Coop Giuliano Poletti, Patrizio Bertelli di Prada, Fabrizio Palenzona di Unicredit, Il Monte dei Paschi di Siena, attraverso il controllo della Fondazione Montepaschi gestita dal renziano sindaco di Siena Bruno Valentini, e, soprattutto, l’amministratore delegato di Mediobanca Albert Nagel, erede di Cuccia nell’istituto di credito.
Proprio sul giornale controllato da Mediobanca, “Il Corriere della Sera”, da sempre schierato dalla parte dei poteri forti, è arrivato lo scoop su Monti e Napolitano, sui governi tecnici. Il Corriere ha ripreso alcuni passaggi dell’ultimo libro di Alan Friedman, altro uomo Rcs. Lo scoop ha colpito a fondo il governo Letta e aperto la strada di Palazzo Chigi a Renzi. Il defunto segretario del Psi Bettino Craxi diceva: «Guarda come si muove il Corriere e capirai dove si va a parare nella politica». Gad Lerner ha, più recentemente, detto: «Non troverete alla Leopolda i portavoce del movimento degli sfrattati, né le mille voci del Quinto Stato dei precari all’italiana. Lui (Renzi) vuole impersonare una storia di successo. Gli sfigati non fanno audience».

La "mandrakata"


Di seguito pubblichiamo ampi stralci dell'articolo pubblicato sul sito sinistra in rete. 

Nasce il governo Renzi. 
Macché! L'ennesimo "governicchio" di una classe dirigente che non sa che pesci prendere e che alla fine dovrà ubbidire ai diktat delle tecno-oligarchie europee e applicare politiche antipopolari.
Per prima cosa bisogna domandarsi da cosa nasca questa accelerazione, questa spinta fortissima verso un governo Renzi. Si tratta di un vero e proprio disegno sistemico, con il coinvolgimento ed il sostegno attivo dei principali poteri in gioco, od è semplicemente un episodio della guerra per bande che, frutto della crisi della politica secondo-repubblichina, imperversa ormai da anni?
Probabilmente entrambi i fattori giocano la loro parte ma, per quel che è possibile dire oggi, il secondo (la guerra per bande) ha un ruolo prevalente. Il gruppo che si raccoglie attorno a Renzi mostra una sete di potere smisurata, ha un leader che certo non si pone limiti, un partito-stuoino la cui minoranza di "sinistra" (!) è stata la prima a stendergli il tappeto rosso verso il traguardo governativo. Questo per ricordarci che non tutte le "bande" sono sempre in grado di lottare per il potere od una parte di esso, a volte si accontentano più modestamente di vivacchiare e di prendere tempo. Ecco allora che l'avere allontanato la prospettiva elettorale fornirà nell'immediato al segretario del Pd un certo numero di amici in più.

Renzi e i poteri forti.
Detto questo, non è che i centri del potere economico —nazionali ed europei— siano stati a guardare. Per loro Renzi era una carta di riserva, da giocarsi alla bisogna. Non una carta come le altre, però. Una carta un po' più forte, in virtù di una certa popolarità del soggetto in questione. Popolarità coltivata mediaticamente da anni, in parte assai sovrastimata, in parte reale.

Era questo il momento di giocare una simile carta? Lorsignori si saranno di certo posti la domanda. Sta di fatto che le esternazioni del presidente della Confindustria Squinzi sul "nullismo" di Letta sono arrivate puntuali. E così pure l'annuncio della scoperta dell'acqua calda, cioè delgolpe del 2011, sulle pagine del Corriere. Uscite non casuali, senza dubbio, ma che più che ad un disegno organico fanno pensare ad una mossa disperata: Renzi come ultima carta per tentare l'impossibile quadratura del cerchio tra le regole della gabbia europea, che non si ha il coraggio di mettere in discussione, e le esigenze di un'economia nazionale sempre più in crisi.

Qualcuno si è chiesto come mai Renzi abbia smentito se stesso così clamorosamente. L'uomo che diceva che non sarebbe mai andato al governo senza un'investitura popolare (magari truccata con una legge truffa, ma questo è un altro discorso),  ora ha varcato la soglia di Palazzo Chigi in virtù dell'investitura... delle primarie del Pd, cioè del voto di 2 milioni di persone su 48 milioni di elettori... E l'uomo che gridava contro le "larghe intese" si accinge ora a governare con la stessa maggioranza che contestava... Se questo ci dice già abbastanza sulle qualità di colui che qualcuno ha ribattezzato coeRenzi, è però assai probabile che ci sia dell'altro.

Del resto è stato lo stesso segretario del Pd a parlare di azzardo. Perché allora una simile mossa, fra l'altro assai malamente preparata? In proposito possiamo soltanto avanzare un'ipotesi, l'unica che ci pare sensata: perché Renzi e la sua banda non potevano aspettare due anni. A rovinare i piani iniziali di costoro, costringendoli all'azzardo, sono stati due fatti: la sentenza della Corte Costituzionale sul Porcellum e l'inevitabile allungamento dei tempi dell'entrata in vigore della nuova legge elettorale.

Che Governo abbiamo?
Guardando le cose dal nostro punto di vista, da quello cioè di chi si augura un incartamento del blocco dominante, come condizione in grado di rendere più vicina una vera sollevazione popolare, è un bene che la "carta Renzi" sia stata infine giocata. Esiste forse la possibilità che quello che nasce come l'ennesimo governicchio si trasformi, per qualche qualità nascosta del premier, in governissimo? Ci sentiamo di escluderlo, come si sarà capito dal ragionamento fin qui svolto.

In ogni caso, per battere al più presto una simile ipotesi, sarà importante il risultato delle elezioni europee. Un risultato che ci consegnerà comunque un governo di minoranza, dato che non c'è alcuna possibilità che la somma dei voti delle forze che andranno a comporre la prossima maggioranza parlamentare arrivi al 50%.

Ritrovarsi in minoranza è dunque il primo motivo di illegittimità. Il secondo sta nel fatto che questo governo (e questo primo ministro) nessuno lo ha eletto, mentre il terzo risiede nell'illegittimità dello stesso parlamento che si appresta a dargli la fiducia. Illegittimità derivante dall'essere stato eletto con una legge giudicata incostituzionale dalla Consulta.

Governo illegittimo dunque. Da non riconoscere, da contestare e contrastare da subito. Governo illegittimo per tre motivi, ma più sarà forte il primo, con una chiara sconfitta elettorale a maggio delle forze che lo sostengono (anzitutto il Pd), e prima archivieremo anche questa terza carta di lorsignori. Quella carta giovanilista e pataccara con cui vorrebbero rendere più accettabili gli infiniti "sacrifici per l'Europa" richiesti dagli eurocrati di Bruxelles.




martedì 4 febbraio 2014

La vera vergogna della tragedia di Lampedusa


Pubblichiamo ampi stralci di un articolo della redazione della rivista "Gramsci oggi" sui fati di Lampedusa. Nonostante per molto tempo i media nazionali abbiano tenuti i riflettori puntati sulla piccola isola italiana, i problemi non sono ancora stati risolti e i migranti sono costretti a radicali manifestazioni di protesta. Cucirsi la bocca.
PdCI Lodi

Neppure eventi tragici come quelli di Lampedusa riescono a rompere l’omertà dei media nazionali sulle origini e le cause di questo e di tutti i drammi dell’immigrazione. Se i più di 400 morti affogati si sommano agli ormai più di 20.000 morti in fondo al Mediterraneo, almeno per un momento si dica la verità. È il momento di denunciare colpe ben più gravi di quelle degli scafisti e dei trafficanti di uomini, donne e bambini che fuggono le situazioni di miseria, guerra, di repressione politica, religiosa presenti nei loro paesi d’origine, o della carenza delle strutture di accoglienza nel nostro paese e nel resto dell’Europa.
Si riconosca, infine, che il fenomeno dell’immigrazione è stato generato proprio dall’Europa (Italia compresa) e dagli Stati Uniti. È di questo che i Letta ed i Barroso, i politici di governo che scendono a Lampedusa dovrebbero vergognarsi! 
 Sono vent’anni che le potenze occidentali (ed Israele) conducono guerre di tutti i tipi, direttamente o per interposta persona, contro popoli e paesi del Mediterraneo (Adriatico compreso), del Medio e del Vicino Oriente, dell’Africa sub-sahariana e del Corno d’Africa. Uno dopo l’altro, l’aggressione a paesi da pochi decenni usciti dal colonialismo è mirata a far crollare le loro economie e indurre la disgregazione politica e sociale dei loro Stati. Per questo si fa un uso massiccio di bombardamenti aerei e missilistici, embarghi durissimi e delle più ciniche politiche del divide et impera.
Non ci vuol molto a capire che alla base del fenomeno dell’immigrazione ci sono vent’anni di questa cura.
Sette mesi di quotidiani bombardamenti in Libia, cosa hanno prodotto? Hanno portato la democrazia in quel paese? No, con tutta evidenza, ma dalle coste libiche, dalle quali prima non partivano barconi di disperati, ora sì che ne partono, come quelli dei recenti naufragi, come tanti altri prima e i tanti altri che seguiranno. Ma a suo tempo, il non ancora Presidente del Consiglio, Enrico Letta, sosteneva che chi si opponeva alla guerra contro la Libia (costata 30, forse 50 mila morti) non era un pacifista!

[...] Non ci deve scoraggiare la constatazione che nel Parlamento Italiano non sono rappresentate le tendenze autenticamente antimperialiste, da sempre contrarie a queste guerre di rapina. Riconosciamo di guardare con rispetto al Parlamento inglese che boccia platealmente il suo governo. Perfino a quello degli Stati Uniti, al quale il Presidente Obama non ha il coraggio di chiedere un pronunciamento a favore della guerra. Ma si capisce, che come in tanti paesi occidentali, anche nel nostro Parlamento, mero notaio che avalla ogni sei mesi i finanziamenti per le “missioni all’estero", qualcosa comincia a cambiare. Per evitare un dibattito parlamentare si ricorre ormai ai trucchi, così il ministro degli esteri, prima, ha esternato una posizione nettamente contraria all’intervento contro la Siria e, successivamente, scampato il pericolo, l’à annacquata, rientrando nei ranghi dei comandi Nato.
Ma è proprio sulle guerre che si misura lo scollamento decisivo dei partiti di governo dal popolo italiano.
Bisogna, ora, impedire che la demagogia qualunquista copra o tradisca ancor più questo prezioso e diffuso sentimento popolare.